Il piede cavo è una deformità caratterizzata da una esagerata concavità dell’arcata plantare, conseguente prominenza dorsale e da un atteggiamento in griffe delle dita; e’ una patologia molto diffusa, come quella del piede piatto. Molto spesso, il piede cavo, può portare alla formazione di callosità (chiamate anche ipercheratosi) dolorose a livello delle teste metatarsali e favorire lo sviluppo di metatarsalgie e/o sesamoiditi. Non esistono limiti rigidamente definiti, ma esistono patologie e cause ben precise: scheletriche, neurologiche e post-traumatiche.
Non esistono il gene del piede piatto, né quello del piede cavo, ma sono identificabili pattern comuni di sviluppo (una sorta di progetto di costruzione del nostro corpo) su cui stimoli esterni correttivi non hanno alcun effetto efficace e stabile nel tempo.
La sintomatologia di esordio può essere molto varia, perché diverse sono le strutture che vengono coinvolte. Per questo può essere difficile ricollegarle al piede cavo patologico.
I sintomi lamentati dal paziente possono essere la comparsa di una semplice ipercheratosi (un callo) sotto la testa del primo metatarsale, deformità a griffe delle dita e dell’alluce (in realtà più evidenti nei piedi neurologici), dolore sulla superficie laterale del retropiede, dolore all’interno della caviglia fino ad arrivare alla sensazione di instabilità, cedimenti e traumi distorsivi ripetuti alla caviglia. L’eterogeneità di questi sintomi è legata alle numerose strutture anatomiche che il piede cavo sovraccarica. In primis, l’avampiede è eccessivamente sollecitato durante la fase di appoggio e questo può indurre una metatarsalgia a livello della testa del primo metatarsale. Il callo non è altro che la prima difesa dell’organismo di fronte a queste sollecitazioni improprie.
I problemi principali si verificano, però, a livello di retropiede e caviglia, dove deformità è sinonimo di alterazioni dei carichi e conseguente rischio di instabilità (instabilità peritalare).
Il paziente, spesso, racconta di numerosi traumi distorsivi in inversione della caviglia e della sensazione di costante instabilità. È possibile riscontrare con la RMN (risonanza magnetica) una lesione dei legamenti della caviglia (peroneo-astragalico anteriore e peroneo-calcaneare), ma è fondamentale che il paziente capisca che la causa della sua instabilità risiede nella forma del suo piede: cavo.
Infatti, una causa frequente di fallimento degli interventi di ricostruzione del legamento nella caviglia è la mancata diagnosi di piede cavo. In questi casi si risolve l’instabilità correggendo la forma del piede e non ricostruendo i legamenti. È una scelta fondamentale per prevenire l’artrosi di caviglia.
Un autore americano, Manoli, divide il piede cavo in due entità nosologiche diverse: “forefoot-driven” (determinate dall’avampiede) e “hindfoot-driven” (determinate dal retropiede). Il piede cavo determinato dall’avampiede è associato ad una plantarflessione del primo metatarsale. Tale condizione produce un adattamento in supinazione (movimento triplanare) del retropiede e, quindi, un piede cavo.
Il paziente con il piede cavo determinato dall’avampiede potrà beneficiare di un plantare su misura disegnato con un cut-off (ovvero una depressione nel plantare) a livello della testa del primo metatarsale considerando però sempre la biomeccanica del passo e la postura.