Sotto il nome di “ipercheratosi” sono raggruppabili tutti gli ispessimenti dell’ultimo strato epidermico, quello corneo, formatisi per protezione di un’area della cute sottoposta a stress di origine meccanica.
Chiamate comunemente “callosità”, “calli”, “duroni”, “occhi di pernice” , “occhi di pesce” dalla tradizione popolare, sono tutti termini impropri che indicano diversi tipi di ipercheratosi.
L’ipercheratosi cessa di essere un fenomeno fisiologico nel momento in cui evoca dolori nella persona.
Può essere causata da uno o più fattori, quali ad esempio alterazioni strutturali del piede o funzionali, come anche da cambiamenti nelle strutture al di sopra del piede, il tipo di calzatura utilizzata, lo stile di vita.
Le due grandi categorie in cui sono suddivisibili le ipercheratosi sono:
· tilomi;
· helomi.
Mentre i primi sono aree di ipercheratosi di varia grandezza localizzate principalmente a livello di teste metatarsali (zona plantare dell’avampiede), i secondi possiedono un vero e proprio nucleo, che scende conicamente in basso fino al derma, e si ritrovano frequentemente a livello plantare (teste metatarsali), a livello interdigitale o interfalangeo (in caso di deformità delle dita o di forti conflitti tra il piede e la scarpa).
Se non trattate adeguatamente e per tempo, le ipercheratosi possono andare incontro a diverse complicanze (borsiti, infezioni, ulcerazioni) , soprattutto in persone che risultano avere un’alterazione della sensibilità al dolore, come ad esempio i pazienti diabetici.Un intervento podologico professionale deve saper andare oltre la sola rimozione, identificando i fattori che hanno portato all’ipercheratosi e andando ad agire su di essi attraverso trattamenti mirati (es. trattamenti ortesici) che permettono di migliorare la situazione podoposturobiomeccanica del paziente.