La displasia dell’anca comprende un complesso di anomalie di sviluppo e di conformazione dell’articolazione coxo-femorale, che interessano sia la componente cotiloidea che quella cefalica, in conseguenza delle quali possono modificarsi i normali rapporti articolari e nei casi estremamente gravi possono determinare lussazione dell’articolazione stessa.
La DCA è, per frequenza, la prima malformazione congenita dello scheletro. La diagnosi precoce riveste un ruolo fondamentale non solo per quanto riguarda l’evoluzione clinica della patologia, ma soprattutto per la scelta del trattamento da effettuare, permettendo di ricorrere ad approcci esclusivamente incruenti che mostrano risultati altamente soddisfacenti.
La displasia congenita dell’anca comprende un complesso di anomalie della cavità cotiloidea, dell’estremo cefalico del femore e dell’apparato capsuolo-legamentoso, caratterizzata da incongruenza articolare che nei gradi estremi di gravità può determinare la perdita dei normali rapporti articolari. Il processo displastico, infatti, nel corso dell’ontogenesi, può arrestarsi a diversi stadi, realizzando, secondo la gravità, forme di semplice incongruenza articolare, di prelussazione, di sublussazione e di lussazione vera e propria.
E’ la più frequente malformazione congenita dello scheletro. In Italia è stata descritta con un’incidenza che si aggira intorno al 2-3% della popolazione. Le regioni più colpite sono l’Emilia (5%), la Val D’Aosta, le Marche, la Basilicata (4%), la Lombardia, meno la Sicilia e la Sardegna (0,1%). Tra i Paesi Europei sono interessati in modo particolare: la Polonia, la Spagna, l’Italia, la Francia e la Germania. Nel resto del mondo la prevalenza è maggiore negli Indiani d’America e in Lapponia, mentre è molto rara in Africa ed in Asia.
Le femmine sono maggiormente colpite rispetto ai maschi, con un rapporto di 5:1 per la lussazione mentre solo di 1,74:1 per le displasie di lieve entità. La maggiore frequenza nel sesso femminile sarebbe riconducibile ad un’aumentata lassità ligamentosa dovuta al rilascio di ormoni materni; inoltre a parità di condizioni originarie di displasia, la differente conformazione architettonica e meccanica dell’anca nei due sessi consente una più facile ricomposizione dei rapporti articolari nei maschi rispetto alle femmine.
Nel 65% dei casi la displasia interessa il lato sinistro, nel 15% il destro e nel restante 20% dei casi è bilaterale.
La ragione dell’elevata incidenza del lato sinistro può essere spiegata dalla posizione intrauterina del feto, che nella maggior parte dei casi determina un’adduzione dell’anca sinistra da parte del rachide lombosacrale materno.
Le malformazioni più frequentemente associate sono: piede torto congenito, torcicollo, agenesia dell’alluce e dita del piede, briglie amniotiche, aplasia della tibia, ernia inguinale, trisomia 21, spina bifida, mielomeningocele.
Sono molteplici le teorie riguardo all’eziologia della displasia congenita dell’anca: sicuramente la più accreditata è quella di Wynne-Davies che la considera come una patologia ereditaria di tipo poligenico a “bassa penetranza”; tuttavia sembra che diversi fattori ambientali possono essere chiamati in causa.