In questo articolo tratteremo di un altro recettore sensoriale di estrema importanza: “la pelle” e di come alcune alterazioni cutanee possono creare dei danni posturali. Sembra strano tutto ciò, ma di qui a poco cercheremo di fornirvi alcune informazioni in merito che possono derimere le perplessità di qualche scettico lettore. Come al solito bisogna fare le solite premesse che rendono maggiormente comprensibile il tutto. La pelle, innanzitutto, è considerata istologicamente un organo e riposa sui tessuti con cui è in diretta connessione: i muscoli che sono in correlazione con gli organi sottostanti. Tutto ciò da una parte, ci sembra assodato, dall’altra strano, eppure per la medicina orientale ciò è scontato, ma la loro valutazione è in base ai meridiani che dalla superficie si approfondano correlando pelle e organi, per cui agendo con gli aghi sulla cute è spiegabile il contatto con gli organi. La Posturologia postula, invece, un’altra teoria altrettanto interessante, la partenza è diversa da quella della medicina orientale, ma la concezione olistica dell’essere vivente è la stessa. Bisogna fare una riflessione, che parte dalla creazione del feto nel grembo materno, il piccolo si forma partendo da tre strutture base, una di esse darà luogo alla pelle, ai muscoli e ad un rivestimento di essi e di tutti gli organi interni, inoltre forma la parte esterna del cervello e del midollo spinale (meningi); quindi anche nell’adulto ci sarà una correlazione tra queste varie parti.
Questi involucri che circondano l’intero corpo umano , che si invaginano in esso e ricoprono gli organi su citati vanno denominati: fasce. Esse sono elastiche e resistenti al tempo stesso e quindi qualsiasi alterazione interna o esterna al sistema si riflettono sull’intero organismo. La fascia costituisce il periostio che circonda le ossa, il pericardio intorno al cuore, il rivestimento esterno dello stomaco e degli intestini, il tessuto sinoviale intorno alle articolazioni, e può assottigliarsi od inspessirsi, a seconda delle esigenze meccaniche o funzionali del corpo, per formare sottili rivestimenti o tasche, borse con azione di ammortizzatori o retinacoli in ogni parte del corpo. La fascia non solo costituisce il rivestimento delle strutture corporee, ma penetra all’interno, profondamente, in molte di esse: ad esempio ogni muscolo possiede un rivestimento fasciale esterno, il perimisio, da cui si dipartono internamente setti che rivestono ogni fascio di fibre muscolari ed ogni fibra muscolare individualmente (endomisio). Pertanto la fascia penetra profondamente in queste minute strutture, ma contemporaneamente, mantiene una connessione con tutti gli altri tessuti fasciali. Questo network fasciale, questa rete tridimensionale diventa di particolare importanza da un punto di vista funzionale , in quanto, essendo la fascia una struttura elastica a tensione reciproca, ogni trazione, stiramento o limitazione a livello locale viene automaticamente ridistribuito sull’intero sistema. Posiamo immaginare la trasmissione di questa energia meccanica come quella di un’onda che si forma gettando in acqua un sasso, onda che diffonde la propria energia circolarmente intorno a se, riducendo la propria intensità mano a mano ci si allontana dal punto di creazione dell’onda stessa. Tradizionalmente, soprattutto nella considerazione anatomica e fisiologica, la fascia viene considerata un tessuto inattivo di scarsa importanza, in quanto le si attribuisce prevalentemente la funzione di permettere lo scivolamento fra differenti strutture, quali lo scorrimento dei muscoli tra loro o sopra le ossa, o degli organi tra loro. In realtà essa gioca un ruolo molto importante nella visione posturale del corpo umano: grazie alla sua azione di legante tra i vari distretti e segmenti corporei, la fascia diviene fondamentale nell’assorbimento o nel mantenimento di tensioni o traumi, con conseguenti squilibri anche sistemici. Le cause di lesione fasciale possono esser molteplici: dalle semplici “sbucciature” o microstiramenti fino a lussazioni, torsioni, aderenze o cicatrici fino ad infiammazioni interne o esterne. Ogni volta che il corpo umano subisce una ferita od un danno che comporti morte di alcune cellule, avviene un processo di riparazione tissutale. Questa riparazione non può esser perfetta quale quella che ha creato il tessuto nello sviluppo del bambino nell’utero materno. Il tessuto che sostituisce quello originale è in molti casi un tessuto più semplice che è chiamato tessuto cicatriziale. Una cicatrice può essere la conseguenza di un intervento chirurgico per esempio addominale oppure può essere la conseguenza dell’asportazione di un neo o di una cisti, oppure può essere dovuta ad un trauma che ha provocato una ferita od una ustione profonda. Si parla di una cicatrice di “buona qualità” quando questa è morbida, di colore simile alla cute circostante, poco evidente, non dolente e non “retraente”, cioè non contratta e non aderente ai tessuti più profondi. Purtroppo l’evoluzione di una cicatrice non è sempre così soddisfacente e possono vedersi cicatrici slargate oppure aderenti ai tessuti profondi, oppure ipertrofiche, cioè irritate e troppo spesse. Il trattamento di cicatrici insoddisfacenti si avvale di vari metodi i quali sono spesso integrati tra di loro per fornir il migliore risultato possibile. È importante chiarire subito che delle cicatrici già esistenti potranno essere migliorate, in dei casi anche notevolmente, ma non potranno mai scomparire del tutto. Tornando a noi, un intervento chirurgico o qualsiasi trauma a livello cutaneo o profondo causerà inevitabilmente un’anomalia fasciale che si ripercuoterà sull’intero sistema tonico posturale coinvolgendo i muscoli che prendono inserzione, come noi ben sappiamo, sulle ossa. Tale sistema è in un delicato equilibrio, ma se in un punto una fascia “tira” questa creerà uno squilibrio su tutto l’organismo: le cicatrici sono un esempio di ciò. Il perdurare della restrizione fasciale , comunque, al di là della causa scatenante, può diventare l’origine di una patologia disfunzionale sistemica con sintomatologie anche importanti e non sempre significativamente correlate alla lesione iniziale: mal di testa o di schiena, dolori al collo o torcicolli acuti, crampi, gomito del tennista, tendenza alla distorsione delle caviglie o di altre articolazioni, disturbi o dolori mestruali, febbricola, ecc. . sono solo alcuni dei sintomi che si possono sviluppare. La libera circolazione dell’energia, in ogni sua forma, nell’ambito dei tessuti, è una delle condizioni indispensabili per il mantenimento dell’armonia corporea e della salute. La diagnosi delle tensioni fasciali è in grado pertanto di identificare e trattare con precisione le alterazioni che sono alla base dei malesseri e, talvolta, di rivelare squilibri prima che possano trasformarsi in patologie disfunzionali.